In una cronaca del Le Monde, Michel Guerrin esamina perché Rachida Dati, la ministra della Cultura francese, usa parole dure verso gli artisti. Sostiene che questo approccio giova alla sua campagna per la carica di sindaco di Parigi. I ruoli si sono invertiti: i ministri passati temevano i creatori, ma ora gli artisti temono Dati.
Michel Guerrin, direttore del Le Monde, ha incontrato Rachida Dati alla fine di settembre nel suo ufficio, quando era una ministra fragile e dimissionaria tra la caduta di François Bayrou e la nomina di Sébastien Lecornu. Ora si unisce al suo quinto governo in diciotto mesi, apparendo indistruttibile nonostante uno status singolare in cui le sue azioni culturali passano in secondo piano.
Il suo focus include la sua visione del milieu culturale, un percorso verso la privatizzazione della radiodiffusione pubblica, guai giudiziari, cause contro i giornali mentre difende la libertà di espressione, scontri con Les Républicains e, soprattutto, la sua campagna per la carica di sindaco di Parigi, che potrebbe condurre senza lasciare il suo posto ministeriale, un passo legale ma controverso.
In passato, i ministri della Cultura in rue de Valois, con vista sul Palais-Royal, si sentivano inferiori ai creatori. Temevano le reazioni negative ai César, al Festival di Avignone, agli scioperi intermittenti, ai tagli al bilancio o alle prese in giro delle star del cinema in TV.
Dati inverte la dinamica: non teme né gli artisti né molti altri. Loro temono lei, proteggendo in silenzio i sussidi in tempi difficili. In privato, esprimono disprezzo o odio, chiamandola incompetente, demagogica, populista, bugiarda o diretta verso la 'trumpizzazione'. Guerrin ricorda le parole arrabbiate di Maurice Pialat dopo la sua Palma d'Oro del 1987 per Sotto il sole di Satana: 'Se non vi piaccio, posso dirvi che nemmeno voi mi piacete'.
La cronaca mette in evidenza un settore culturale teso in cui la ministra sembra disposta a fare qualsiasi cosa per le sue ambizioni politiche.